Anche la letteratura è un’alba. Un momento in cui si schiude la narrazione a sviluppi originali, si spalancano le parole a significati diversi, la sintassi può essere reinventata. La conferma, che attraverso le parole, possiamo nascere un’altra volta. E come vogliamo noi. Come ci piace di più.
In attesa di raccogliere i brani dei Portolani, ne propongo oggi uno di Claude Roy (1915-1997) che finge di ricordarsi in prima persona come andarono le cose quella fatidica “prima volta” e nel farlo, racconta la sua lotta tremenda per venire alla luce. Comunica soprattutto come stava bene quando si trovava nel grembo materno:
Non ho conservato un ricordo molto preciso della mia prima uscita, del caldo e del freddo della nascita, e nemmeno dell’entrata inaugurale dell’aria nei miei polmoni. La sola cosa di cui sono sicuro è che prima stavo bene, e dopo: stupito. Lo stupore non mi ha più lasciato. Il sentirsi bene, il sacco tiepido, e liquido, e salato, la buona tasca cucita che non lascia nessuno spazio alla pesantezza, al bisogno, alle questioni, alle dichiarazioni d’imposta, a niente, il benessere insomma, io riconoscevo il loro gusto a colpo sicuro. Non sono mai stato capace di rispondere all’ultima domanda che c’è sul foglio che ti danno da riempire negli alberghi. Motivi del viaggio? Affari o turismo?
C’è qualcosa di umoristico - che ti hanno raccontato – legato al fatidico momento?
Prova a scriverne facendo tesoro di quello che sai, che ti hanno raccontato o che ti ricordi. Poi spedisci a: scrivimi@parlamidite.it
Lo scritto più divertente verrà pubblicato nel blog de Il Portolano.