21 marzo, primo giorno di primavera.
E sempre mi torna alla mente Musestre, il balcone della camera affacciata su un prato di verdi molli, di germogli pastello, di bacche di velluto, di fiori timidi ancora abbracciati ai pistilli e di altri più audaci, stendini di petali che espongono rossi novelli e gialli ai moscerini.
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La scrittura, si sa, è proiezione del nostro corpo all’esterno, come parte di noi che si allunga sul foglio o sul muro, o sulla pietra e lascia segni che sono traccia della nostra fisicità. Attraverso il nostro braccio, la nostra mano che scrive. Scrive Kafka, nel suo Diari: “Scrivo queste cose certamente perché dispero del mio corpo e del mio avvenire con questo corpo”.
Nella grafia, insomma, è proiettata l'immagine corporea dello scrivente. I grafologi insegnano che un tratto grafico può essere suddiviso in una zona superiore, nella quale si esprimono le aspirazioni intellettuali e spirituali; una zona mediana, sede dell'Io empirico e delle emozioni; una zona inferiore delle pulsioni e della sessualità; una direzione sinistrorsa che esprime l'introversione e il passato; una direzione destrorsa che indica l'estroversione, l'attività e la progettualità di un individuo. |
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