Autobiografia o fiction?

Delphine de Vigan è una delle scrittrici più amate e lette in Francia.

Il suo romanzo “Niente si oppone alla notte (2014)” (“Rien ne s’oppose á la nuit’, 2011) ha venduto oltre un milione di copie oltre che vincere diversi premi letterari. Tra gli altri libri, De Vigan è anche l’autrice di “Da una storia vera (2017) (’D’après une histoire vraie’, 2015) che vi consigliamo.

Scrittrice dalla grande sensibilità, Delphine ha fatto dell’autobiografia il terreno principale della sua indagine.

Nel romanzo “Niente si oppone alla notte (2014)” racconta la storia dell’ospedalizzazione di sua madre in un’unità psichiatrica. L’evento è stato un punto di rottura talmente profondo nella sua vita, che Delphine lo definisce l’origine del suo essere scrittrice. In un’intervista, l’autrice dichiara di aver sentito proprio allora che stava “toccando qualcosa di veramente fondamentale” e che “la scrittura si era in parte radicata.” All’età di dodici anni inizia a scrivere un diario, che considera “scrittura intima”, non destinata alla lettura di altri. Solo molto più tardi si sentirà abbastanza forte da “correre il rischio di scrivere. Scrivere davvero.” Perché in un certo senso, dichiara Delphine, “quando scrivo ho la sensazione che si apre il vaso di Pandora, e c’è qualcosa di esplosivo, abbastanza pericoloso nella scrittura.”

Nei suoi romanzi Delphine de Vigan ha spesso attinto alla sua storia personale, pubblicando inizialmente sotto pseudonimo, poi con il suo vero nome. E da questo origina la sua personale riflessione su cosa sia la verità e la finzione letteraria.

“La verità essenzialmente non esiste. Quando scrivo, sono già nel romanzo. Sono in una forma di finzione.”

All’autrice non interessa che is suoi libri siano etichettati sotto un genere letterario: “Quando comincio un nuovo lavoro non penso: adesso scrivo un romanzo di finzione, un’autofiction o un’autobiografia”. La storia da narrare ha la precedenza su considerazioni di questo tipo e inoltre, secondo De Vigan, tendenze e stili di scrittura possono coesistere in un unico romanzo.

Molte persone quando leggono un libro a sfondo autobiografico sono interessate a quali parti corrispondono a realtà e quali no; tuttavia, è davvero importante? Dichiara l’autrice:

“Il modo in cui dico le cose non è la verità. È la mia verità. È la mia prospettiva come un bambino, su questa storia, in questo giorno. La scrittura è altamente soggettiva e la memoria è una fabbrica di finzione proprio come scrivere è una fabbrica di finzione.”

E dunque, sembra farci riflettere Delphine de Vigan, il confine tra realtà e finzione è più sfumato di quanto si pensi; l’autobiografia può essere resa storia universale e la finzione è il modo migliore per avvicinarsi alla condizione umana, raccontando l’esperienza esistenziale che altrimenti rimarrebbe inesprimibile.

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