Il ricordo d’infanzia

Il ricordo d’infanzia è così importante che ogni autobiografia può essere considerata una sua emanazione. 

Il significato di tutto ciò che si fa è posto nelle nostre origini, in particolare nella nostra infanzia. L’esistenza è una successione di episodi che si affrontano – con diversi gradi di improvvisazione – sulla base di comportamenti più o meno riconoscibili.

A determinarli sono proprio i primi anni di vita. Sono quelle le esperienze che determinano un campo di possibilità e strutturano desideri e paure.

Del passato, è l’infanzia che mi affascina di più. Solo lei, a guardarla, non mi dà il rimpianto del tempo abolito. Poiché non vi scopro l’irreversibile ma l’irriducibile: tutto quello che è ancora in me, a tratti; nel bambino leggo in trasparenza la parte oscura di me stesso, la vulnerabilità, la tendenza alle disperazioni (fortunatamente plurali), l’emozione interna esclusa da ogni espressione per la sua infelicità. (R. Barthes)

L’infanzia fonda un campo di possibilità, getta le basi e costruisce l’impalcatura di un modo di agire futuro. O più precisamente del proprio modo di desiderare. In questo senso ogni vita è la carrozzeria del desiderio, quel motore complesso che si è strutturato nei primi anni di esistenza. E sono gravidi di implicazioni narrative. 

Due esempi? Eccoli.

Uno è traumatico:

Quelle ore mi sono ormai inaccessibili; sono passati molti anni da allora, ma da qualche tempo, ho ricominciato a sentire molto bene, se vi presto l’orecchio, i singhiozzi che ebbi la forza di trattenere davanti a mio padre e che scoppiarono quando mi trovai solo con mia madre. In realtà essi non sono mai cessati; ed è soltanto perché la vita adesso s’è fatta più silenziosa che li sento ancora, come quelle campane dei conventi che i rumori della città coprono così bene durante il giorno che uno le crederebbe mute ma che si rimettono a suonare nel silenzio della sera. (M. Proust) 

E uno decisamente dolcissimo:

È estate e c’è una bella luce nel cortile dei nonni. Io sono seduto all’ombra, che rinfresca ancora di più la mattina. E quella mattina la ricordo perché era cristallina.
Mio nonno Stanislao arriva in bicicletta e mi regala un sacco di plastica pieno di aeroplanini che inizio immediatamente a far volare e atterrare di continuo. E poi c’era Roky il cane da caccia rosso che mi abbaiava per giocare.
Avevo due anni e la mia nonna Iris mi alzava da terra e mi regalava dei buonissimi fichi che il nonno prendeva dai rami alti della pianta tramite un lungo bastone con un barattolo legato in cima e in aria un buonissimo odore di fiori.
(F. Cassandrin)

È vecchio ciò che si è dimenticato. E quello che non si può dimenticare, è accaduto appena ieri. L’unità di misura non è il tempo, ma il valore. E la cosa che ha in assoluto più valore, divertente o triste che sia, è l’infanzia. Per continuare a essere bambini, quindi non resta da fare che una cosa: ricordare quel tempo. E scriverne a più non posso.

2 commenti su “Il ricordo d’infanzia”

    • Si certo, c’è un post precedente nel blog e poi ti consiglio di guardare anche la nuova sezione SCUOLA del sito internet. Poi, per maggiori informazioni, nei contatti puoi scrivere un messaggio diretto a Bruna Graziani.

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