Impicciona e intrigante

di Meli Billotta (Scavo 2017)
“E così io sarei un’impicciona che non sa farsi gli affari suoi e si vuole intromettere nella vita degli altri?! Davvero una bella idea hai di me che sono una persona discreta e riservata che non si permetterebbe mai di violare la privacy di nessuno!”. Ero furibonda con Francesca che mi aveva apostrofato malamente una sera di fine maggio, mentre passeggiavamo sul lungomare di Acicastello. Mi sentivo tradita da quel cambiamento improvviso e soprattutto dalla mancanza di fiducia. 
Io e Francesca eravamo sempre state inseparabili. Eravamo sedute nello stesso banco, in prima fila, fin dal primo liceo. Io generalmente ascoltavo: era Francesca a parlare e a farmi entrare nel suo privatissimo mondo, perché sapeva che non avrei mai riferito a nessuno una sola di quelle parole che venivano affidate al nascondiglio sicuro delle mie orecchie. Io non parlavo molto. Mi piaceva prendere in prestito le parole degli altri, quelli di cui facevo l’imitazione. Ma le restituivo subito dopo averle spennellate di affetto, come a scusarmi di averle rese capaci di suscitare un sorriso o una risata.

Quella sera, era assente, più che silenziosa, e per stabilire un contatto le avevo chiesto: “E Giancarlo…? Come sta andando con lui?” Insieme con un odore marrone di alghe, che colpì le mie narici, arrivarono alle mie orecchie allibite le parole sprezzanti di Francesca: “Ma cosa vuoi sapere? Cosa t’impicci? Occupati degli affari tuoi e lasciami in pace!”. Come se fossi stata l’ultima delle pettegole in cerca di argomenti piccanti da mettere in giro. Il tono stridulo della sua voce cercava di nascondere dietro frasi offensive le secche in cui si era arenato il suo rapporto con Giancarlo. L’avevo vista triste, pensierosa, e volevo offrirle una possibilità di osservare la sua relazione, mentre me la raccontava. Ma Francesca non voleva pronunciare parole di delusione, di routine, di mancanza di slancio, perché questo avrebbe significato porre fine a quella storia. E lei pensava di non averla scritta ancora tutta. Così, per non guardarsi dentro, aveva preferito vedere in me un’altra persona. Non riconoscevo più la mia cara amica mentre, con gli occhi socchiusi dalla rabbia, cercava di difendere la sua condizione del tutto insoddisfacente. La luna, intanto, aveva nascosto i suoi occhi dietro merletti di nuvole.

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