Julio Ramòn Ribeyro (1929 – 1994) 

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Parigi, 1983. Julio Ramòn Ribeyro con suo figlio Julito.

Julio Ramón Ribeyro, era uno scrittore e drammaturgo peruviano (Lima 1929-1995). Cresciuto in una famiglia borghese peruviana, si trasferì in un primo momento in Germania, Belgio e Spagna e poi per un lungo periodo in Francia. Considerato uno dei maggiori autori peruviani contemporanei, esordì nel 1958 con Cuentos de circunstancias (Racconti di circostanza). Inizialmente attratto dalla narrativa fantastica, cambiò successivamente genere approdando a un naturalismo sociale spesso di denuncia per le condizioni degli emarginati. Dopo Crónica de San Gabriel (1960; Cronaca di San Gabriele), storia di un contadino adolescente peruviano, pubblicò due raccolte di racconti: La palabra del mudo (1973; La parola del muto) e Silvio en el rosendal (1989; Silvio nel roseto). Tra i testi teatrali di Ribeyro sono da menzionare El último cliente (1966; L’ultimo cliente) e Teatro (1972).
È nel prologo del libro La palabra del mudo (Barranco, 1994) che lo scrittore peruviano timido e geniale, elenca 10 consigli per scrivere un buon racconto. Naturalmente il mio preferito è il numero 6: show don’t tell!
1. Il racconto deve narrare una storia. Non esiste un racconto senza storia. Il racconto è fatto apposta perché il lettore possa, a sua volta, raccontarlo. 
 
2. La storia del racconto può essere reale o inventata. Se è reale deve sembrare inventata e se è inventata, reale.
3. È preferibile che il racconto sia breve, di modo che si possa leggere tutto d’un fiato.
4. La storia narrata dal racconto deve divertire, commuovere, intrigare o sorprendere, meglio se tutto insieme. Se non sortisce nessuno di questi effetti non esiste come racconto.
5. Lo stile del racconto deve essere diretto, semplice, senza ornamenti né digressioni. Lasciamo queste cose alla poesia o al romanzo.
6. Il racconto deve solo mostrare, non dare insegnamenti. Altrimenti sarebbe un aforisma.
7. Il racconto ammette tutte le tecniche: dialogo, monologo, narrazione semplice, epistolare, relazione, collage di testi altrui, etc., sempre che la storia non si dilunghi e il lettore possa raccontarla a voce.
8. Il punto di partenza del racconto deve essere una situazione di conflitto per cui il o i personaggi siano costretti a prendere una decisione che metta in gioco il proprio destino. 
 
9. Nel racconto non devono esserci tempi morti e nemmeno parti in eccesso. Ogni parola è assolutamente imprescindibile. 
 
10. Il racconto deve condurre necessariamente e inesorabilmente a un’unica conclusione, anche se inaspettata. Se il lettore non apprezza la conclusione vuol dire che il racconto non è riuscito.

“Rispettare questo decalogo, come si può buon ben capire, non garantisce la scrittura di un buon racconto. La cosa più giusta da fare è infrangerlo, regolarmente, come io stesso ho fatto. Ancora meglio sarebbe: inventarne uno nuovo.”

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