La terra è musica

Tutto è legame, tutto ruota attorno alle persone. Oggetti, case, scarpe. Tutto ci ricorda qualcosa. O meglio: qualcuno.
Il pianoforte è stato un amore. Andavo a scuola a Quarto d’Altino dal professor Leonardo Trevisan. Si faceva chiamare Trévisan, con l’accento sulla ‘e’ per dilatare i confini della sua provincia. Trévisan componeva brani ecclesiastici che faceva cantare al ‘coro delle voci bianche’, c’ero anch’io.
‘Mondo dentro l’universo torna puntuale l’ora della sera’ cantavamo sui pulpiti. Applaudivano trasgredendo alle regole della chiesa. E dopo quel papa, quel Ratzinger, che voleva mettere le messe in latino! Lo snob pensava più all’estetica che al comprendonio.

Il professor Leondardo Trevisan creava anche le parole, proprio come dio.
Il professor Trevisan era bello. Anche sua moglie era bella, anche sua figlia Babette e suo figlio Kevin. Non sono fantastici i nomi Kevin e Babette? Sono meritevoli o no di varcare i confini del Veneto e dell’Italia?
Era bello, però era cattivo anche se faceva tanto il santone con quelle canzoni della Madonna. Le lezioni le dava nel salotto del suo appartamento. Un pianoforte verticale, nero lucido. Quando sbagliavo mi morsicava le orecchie. Davvero! Non tanto forte, ma non era ortodosso morsicare le orecchie. Anche se piangevo, mio papà mi portava lo stesso. A volte io al piano e papà all’armonica facevamo dei duetti irresistibili: Rosamunda, il Piave, Tornerai.

Quando piangevo mia mamma chioccia mi proteggeva. Sempre mi proteggeva. La protezione di mia madre. Naturalmente alle sue condizioni. Che diventassi come andava a genio a lei. Dovevo vestirmi da Pippo per carnevale, e truccarmi e soprattutto sorridere per arrivare prima alle sfilate della parrocchia.

Qualche volta mio papà si lamentava per i soldi. Eppure i soldi non mancavano. C’era la terra e se ne vendeva un pezzo alla volta, l’indispensabile. Ce n’era tanta lì!
Poi è finita tutta e io ho smesso di suonare.

Bruna Graziani

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