Lo zucchino

Indifferente alla violenza del sole, cammino, cammino a piedi scalzi sul trifoglio appena sfalciato, sfiorando i cespugli rugosi e urticanti esposti a sud.
Sono freschi, rigogliosi, con gambi simili al vetro, verde dentifricio.
Incassati nella penombra, grandi, vellutati fiori gialli… e il mistero, appassiscono, scompaiono, per lasciare spazio al frutto: lo zucchino.

Prima mi perdo nell’opulenza dell’insolito accostamento cromatico: verdone/arancione, ammiro.
Poi vado al sapore. Un contrasto, acquoso, delicato, sa di tutto e di niente, a seconda dell’umore.

La nonna lo cucinava al forno, ripieno, insuperabile.
Io lo amo lesso, lo mangio spesso.

E ogni volta mi riporta a due episodi della vita. Il primo, in casa: per paura che mi allontanassi o finissi in strada, mi avevano fatto credere che quelle cose verdi, informi erano piccoli serpenti appena nati, ed erano così immobili perché stavano allattando.

Lo raccontai in classe, all’inizio della seconda elementare e fu la prima figura di merda, che feci in pubblico.
Il secondo episodio, fu il pranzo che un fidanzato a cui tenevo tantissimo preparò senza conoscere i miei gusti: zucchine lesse, bibanesi e champagne.

Sara Cescon


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2 commenti su “Lo zucchino”

  1. Mi permetto alcuni colpi di lima: sfalciato/sfiorando. Togli la prima s di sfalciato. Togli rugosi, urticanti basta. Odio i puntini (….) . Lesso / spesso una rima da brivido. Togliere “allontanassi”. “Figura di merda” è l’unica nota stonata. Bella la chiusa ma dagli un nome a ‘sto fidanzato cui tenevi moltissimo. Brava

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    • Ritengo che il nome del fidanzato non sia necessario, né utile. Tutto il racconto è centrato sul questa verdura e su come faccia parte, nel bene e nel male, della storia di Sara. E’ un racconto che privilegia i sapori e il pranzo con un fidanzato a cui teneva tantissimo è rimasto nella sua memoria un sapore. Grazie Sara per averci fatto venire l’acquolina, in tutti i sensi.

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