La nostra tendenza a raccontare e ascoltare storie ha una spiegazione di tipo evolutivo: se abbiamo dedicato tempo ed energie per raccontare storie anziché dedicarci a qualcosa di più utile significa che l’attività ha dei vantaggi concreti, anzi forse decisivi rispetto alle specie concorrenti.
Riflettici: basta pensare alla tua vita e non ti apparirà che come un gomitolo arruffato e indistinto senza capo né coda. Ma quando ti chiedono: com’è andata quella volta? in quel momento tu sei chiamato a raccontare una storia scegliendo un inizio uno svolgimento e un finale. È solo un segmento, certo, passibile di cambiamenti e variazioni ma un mattoncino è gettato del monumentale edificio del più grande romanzo immaginabile, quello della tua vita. E puoi raccontare di ogni cosa, basta anche semplicemente partire da uno spunto, addirittura da una parola.
Gli esseri umani sono indissolubilmente legati alle storie. Siamo letteralmente inzuppati dalle nostre e anche da quelle degli altri, siano esse autobiografiche o di pura fantasia, quelle che leggiamo nei racconti e nei romanzi.
Narrare storie dà all’uomo un vantaggio evolutivo
Ogni narrazione è un’antica e potente tecnologia di realtà virtuale che simula i grandi dilemmi della vita umana: consente al nostro cervello di fare pratica con le reazioni a quei generi di sfide che sono, e sono sempre state, le più cruciali per il nostro successo come specie.
Può sembrare una cosa incredibile ma è scientificamente provato: gli studi neuroscientifici e la narratologia di nuova generazione hanno dimostrato che la narrazione è una vera e proprie esperienza incarnata. Quando in un libro leggiamo di quello che succede al protagonista, si attivano le stesse aree neuronali che si attiverebbero se quell’esperienza la facessimo noi. Di più: pare proprio che le nostre percezioni siano addirittura più intense nella lettura che nella realtà.
Insomma, facciamo esperienza anche attraverso i libri e tutto quello che impariamo modifica la nostra coscienza e arricchisce il nostro mondo.
“Le storie sono il collante della vita sociale umana” dice Jonathan Gottschall, “definiscono i gruppi e li tengono saldamente uniti. Viviamo nell’Isola che non c’è perché non possiamo farne a meno. L’Isola che non c’è è la nostra natura. Siamo l’animale che racconta storie”.
Bruna Graziani, direttrice e docente de “Il Portolano” Articolo pubblicato sul numero di marzo di Trevisocittastorie, periodico di informazione della città di Treviso https://www.instagram.com/trevisocittaestorie/