Tesi sul racconto

Riccardo Piglia (Buenos Aires 1941), attualmente professore di Letteratura sudamericana alla Princeton University, è unanimemente considerato come uno dei più grandi scrittori argentini dei nostri tempi. In Italia sono stati pubblicati Respirazione artificiale (Sella e Riva 1990), Soldi bruciati (Guanda 2000 – Feltrinelli 2008) con il quale ha vinto il premio Planeta, romanzo poi adattato allo schermo cinematografico da Marcelo Pineyro.
Qui di seguito un estratto dal suo libro ‘Forme brevi’ (1999, trad. Carmelo Pinto), in cui espone le sue tesi interessanti sul racconto breve.
I due fili: Analisi delle due storie 

  1. In uno dei suoi quaderni di note, Cechov registrò questo aneddoto: ”un uomo, A Montecarlo, va al casino, vince un milione, torna a casa, si suicida”.  La forma classica del racconto è condensata nel nucleo di questa narrazione futura e non scritta.

    Contro il prevedibile e convenzionale (giocare-perdere-suicidarsi), l’intrigo si pone come un paradosso. L’aneddoto tende a svincolare la storia del gioco e la storia del suicidio. Questa scissione è decisiva per definire il carattere doppio della forma del racconto.
 
    Prima tesi: un racconto racconta sempre due storie .

  2. 
Il racconto classico (Poe, Quiroga) narra in primo piano la storia 1 (il racconto del gioco) e costruisce in segreto la storia 2 (il racconto del suicidio). L’arte dello scrittore di racconti consiste nel saper cifrare la storia 2 negli interstizi della storia 1. Un racconto visibile nasconde un racconto segreto, narrato in modo ellittico e frammentario. 
L’effetto di sorpresa si produce quando il finale della storia segreta appare in superficie. 

  3. Ognuna delle due storie si racconta in modo differente. Lavorare con due storie vuol dire lavorare con due sistemi differenti di causalità. Gli stessi avvenimenti entrano simultaneamente in due logiche narrative antagonistiche. Gli elementi essenziali del racconto hanno una doppia funzione e sono utilizzati in modo distinto in ognuna delle due storie. I punti di incrocio sono il fondamento della costruzione. 
 


  4. Ne “La morte e la bussola”, all’inizio del racconto, un bottegaio si decide a pubblicare un libro. Quel libro sta lì perché è imprescindibile nella costruzione della storia segreta. Come fare affinché un gangster come Red Scharlach conosca le complesse regole ebree e sia capace di tendere a Lönnrott una trappola mistica e filosofica? L’autore, Borges, gli procura quel libro affinché si istruisca. Nello stesso tempo utilizza la storia 1 per dissimulare questa funzione: il libro pare stare lì per contiguità con l’assassinio di Yarmolinsky e risponde a una casualità ironica. “Uno di quei bottegai che hanno scoperto che qualsiasi uomo si rassegna a comprare qualsiasi libro, pubblicò un’edizione popolare della Storia della setta degli Hssidim” . Ciò che è superfluo in una storia, è fondamentale nell’altra. Il libro del bottegaio è un esempio (come il volume de le mille e una notte ne “Il sud”, come la cicatrice in “La forma della spada” della materia ambigua che fa funzionare la microscopica macchina narrativa di un racconto. 



  5. 
Il racconto è una narrazione che racchiude una narrazione segreta.

    Non si tratta di un significato occulto che dipende dall’interpretazione: l’enigma non è altra cosa che una storia che si racconta in modo enigmatico. La strategia della narrazione è posta al servizio di questa narrazione cifrata. Come raccontare una storia mentre se ne sta raccontando un’altra ? Questa domanda sintetizza i problemi tecnici del racconto.

    Seconda tesi: la storia segreta è la chiava della forma del racconto. 
 


  6. 
La versione moderna del racconto che viene da Cechov, Katherine Mansfield, Sherwood Anderson, il Joyce dei Dublinesi, abbandona il finale a sorpresa e la struttura chiusa; lavora alla tensione tra le due storie senza risolverla mai. La storia segreta si racconta in un modo sempre più elusivo. Il racconto classico alla Poe raccontava una storia annunciando che ce n’era un’altra; il racconto moderno racconta due storie come se fossero una sola.

    La teoria dell’iceberg di Hemingway è la prima sintesi di questo processo di trasformazione: Ciò che è più importante non si racconta mai. La storia segreta si costruisce col non detto, con il sottinteso e l’allusione. 
 


  7. 
”Grande fiume dai due cuori” uno dei grandi racconti fondamentali di Hemingway, cripta a tal punto la storia 2 (gli effetti della guerra in Nick Adams), che il racconto pare la descrizione triviale di una escursione di pesca. Hemingway impiega tutta la sua perizia nella narrazione ermetica della storia segreta. Usa con tale maestria l’arte della ellisse riuscendo a fare in modo che si noti l’assenza dell’altra narrazione.

    Che avrebbe fatto Hemingway con l’aneddoto di Cechov? Narrare con dettagli precisi la partita e l’ambiente dove si sviluppa il gioco, e la tecnica che usa il giocatore per puntare, e il tipo di bevanda che prende. Non dire mai che quest’uomo si suiciderà, ma scrivere il racconto come se il lettore già lo sapesse. 


  8. 
Kafka racconta con chiarezza e semplicità la storia segreta e narra discretamente la storia visibile fino a convertirla in qualcosa di enigmatico e oscuro. Questa inversione caratterizza il “kafkiano”.

    La storia del suicidio nell’aneddoto di Cechov verrebbe narrata da Kafka in primo piano e con tutta naturalezza. Il terribile sarebbe celato nella partita, narrata in modo ellittico e minacciante. 
 


  9. 
Per Borges, la storia 1 è un genere e la storia 2 è sempre la stessa. Per attenuare o dissimulare la monotonia di questa storia segreta, Borges ricorre alle varianti narrative che gli offrono i generi. Tutti i racconti di Borges sono costruiti con questo procedimento.

    La storia visibile, il racconto, nell’aneddoto di Cechov, verrebbe raccontata da Borges secondo gli stereotipi (lievemente parodiati) di una tradizione o di un genere. Una partita di taba tra gauchos perseguitati (diciamo) in fondo a un magazzino, nella pianura entrerriana, raccontata da un vecchio soldato della cavalleria di Urquiza, amico di Hilario Ascasubi. Il racconto del suicidio sarebbe una storia costruita con la duplicità e la condensazione della vita di un uomo in una scena o atto unico che definisce il suo destino. 
 

  10. 
La variante fondamentale che ha introdotto Borges nella storia del racconto è consistita nel fare della costruzione cifrata della storia 2 il tema del racconto. Borges narra le manovre di qualcuno che costruisce perversamente una trama segreta con i materiali di una storia visibile. Ne “La morte e la bussola”, la storia 2 è una costruzione deliberata di Scharlach. Lo stesso succede con Azevedo Bandeira in “Il morto”, con Nolan in “tema del traditore e dell’eroe”.
Borges (come Poe, come Kafka) sapeva trasformare in aneddoto i problemi della forma di narrare. 
 


  11. 
Il racconto si costruisce per fare apparire artificialmente qualcosa che era occulto. Riproduce la ricerca sempre rinnovata di un’esperienza unica che ci permetta di vedere, sotto la superficie opaca della vita, una verità segreta. “La visione istantanea che ci fa scoprire lo sconosciuto, non è una lontana terra incognita, ma il cuore stesso dell’immediato”, diceva Rimbaud.

    Questa illuminazione profana si è convertita nella forma del racconto. 

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