La zia Florence 

Al primo piano della casa della nonna, c’era una terrazza che si affacciava sul Sile. In quella terrazza di cemento, da bambine giocavamo, da ragazzine (io e le mie quattro cugine) prendevamo il sole contandoci gli etti in più sulle cosce.

Anche la zia, l’ultimogenita, ragazzina scattante, prendeva il sole con noi, due fette di cetriolo sugli occhi e, sulla pelle, misture fai da te a base di crusca, limone, birra, tuorli d’uovo. Prima aveva delle trecce bionde la Fiorenza e dopo, un caschetto di capelli dritti e luminosi. Dalla nonna, la sera, faceva le prove delle canzoni, era tutto un trillo e un gorgheggio.

Le canzoni le avevamo imparate anche noi: “Già l’estate se ne va e io rimango qui a sognareeeee”. Si allenava per fare le serate da Odino, la pizzeria più grande del paese, era un onore. Cantava con dei denti bianchi, una vocina di miele e un vestitino in terital, col fondo salmone e delle rose grandi, le calzava a pennello. Noi bambine, appena lei partiva con quella bici per andare a lavorare, nel suo salone di parrucchiera, lo provavamo di nascosto, e anche tutti gli altri suoi bei vestiti e i suoi sandali col tacco provavamo, ma dopo, dopo che lei era andata via.

Tutte le mattine, tutte le sante mattine partiva alle sette per andare a Lughignano dove aveva un salone di parrucchiera, salone Florence. Zia Florence andava così nel suo salone francese di Lughignano e pedalava su ruote più grandi di lei, sembrava una bambina, arrivava a malapena ai pedali.

Anche adesso è così, sembra una ragazzina che arriva a malapena ai pedali. Appena racimolato il giusto, ha comperato la cinquecento crema, la cincen. E così arrivava al salone Florence in cinque minuti. E andava anche a Roma con la sua cincen decapottabile e il suo foulard svolazzante al collo perché a Roma aveva un fidanzato di nome Antonio, piccolo e proporzionato come lei.

Dopo qualche anno, però, l’ha lasciato per un altro, un uomo alto, smilzo, esoterico che sapeva un sacco di cose su Nostradamus e i segreti di Fatima e di notte, dopo avere chiacchierato un po’ con gli spiriti, andava a cavalcare sulle rive del Sile in groppa al cavallo Furia con un mantello nero. Furia aveva gli stessi dentoni dello zio, ma per fortuna era astemio e riusciva sempre a ritornare a casa.  

La zia Florence era proprio una tipa moderna.

La zia Florence aveva delle belle gambe e prendeva il sole con noi, in quella terrazza di cemento, aveva pressappoco la nostra età.

Bruna Graziani

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