I G.

di Antonio Pedroni (Scavo 2017)
Pontificava sempre, addirittura si alzava in piedi e parlava, parlava, parlava, insomma, non stava zitto un momento che uno e guai correggerlo, dubitare di quello che diceva. 
Dico, almeno una pausa, una virgola, niente… «Ma cosa vuoi saperne tu che vivi nella bambagia.»
Oh bella, nella bambagia, questa mi mancava e giù a sproloquiare, disegnare nell’aria traiettorie, perfino acrobatiche, con la mano… con le mani, con gli occhi spalancati «Capito?»
E la pausa, le pause, duravano, appunto, un attimo. Riusciva a parlare anche inspirando, che non ci riesce nessuno; quasi nessuno. Lui sì. Comunque non sufficienti perché altri potessero intervenire o riuscissero a incunearsi nella frazione quantificabile in un nanosecondo (per essere precisi.) 

«Scusa, posso parlare? Possiamo parlare anche noi, oppure dobbiamo solo immagazzinare, impregnarci come spugne delle “verità” che ci regali?» ero riuscito a sussurrare sovrapponendomi alle sue esternazioni.
«Avanti, parla, sono qui che ascolto» con tono minaccioso e mano tesa verso l’ardito.

Un lungo attimo di pausa, uno di quegli attimi così lunghi che sembrano altro che attimi e aveva ricominciato: «lo vedi che non avete niente da dire perché è come ho detto io» scrutandoci uno per uno da destra a sinistra prima e viceversa dopo. Dalla serie “pontifichiamo”.
«Potrei correggere, ma appena appena, quello che hai detto di sbagliato sui G negativi senza che t’incazzi?» ancora in sussurro.
«Perché, cos’ho detto sui G negativi?» sorpreso e allarmato d’essersi sbagliato.
«Beh, coi G negativi vedi rosso, mentre con quelli positivi nero, si dice in gergo, ma è che i G positivi si possono eliminare, quelli negativi no perché il sangue ti va in testa e c’è poco, anzi, niente da fare, non c’è una tuta anti G per la testa.»
«Ehhh va bè, G negativi, G positivi, quante palle!»

Già. Però mi sa che mi sono confuso anch’io con sti negativi, positivi. Ma non glielo dico di certo, non ci penso nemmeno.

«Domani riprendiamo la discussione, caro il mio bel sapientone, considerando che è quasi l’una e domani all’alba voglio andare a fotografare i camosci sul Grappa» avevo detto alzandomi seguito dagli altri. Poi sarei andato a casa e avrei controllato sul computer questi cavoli di G.
«Ciao, ecco cosa fanno i pensionati, fotografano, vanno in giro e io lavoro, vi mantengo, considerando poi che iooo, in pensione, forse non riesco nemmeno ad andarci. Io.»
«Ciaooo» all’unisono.

P.S. I miei G erano corretti, i suoi sbagliati, ma non diteglielo. Grazie.


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