La borraccia

21 marzo, primo giorno di primavera.

E sempre mi torna alla mente Musestre, il balcone della camera affacciata su un prato di verdi molli, di germogli pastello, di bacche di velluto, di fiori timidi ancora abbracciati ai pistilli e di altri più audaci, stendini di petali che espongono rossi novelli e gialli ai moscerini.

All’imbrunire, mio padre partiva, il busto magro, il cappello di sempre, lasciandomi sul gradino di casa.

Camminava con Fido, lungo fossi e campi, risparmiando ormai la selvaggina. Sotto la giubba di panno, un paio di giornali piegati per proteggere i bronchi dall’aria.

Le sere fortunate, mi caricava sul lambrettone azzurro. Dalle molle arrugginite della sella sbucava una borsa di plastica per la bisogna, non si sa mai, che durante le escursioni, non trovassimo ocre o bacche di mirtillo per imbastire qualche tisana o decotti depurativi o pastinache fatte di tuorli freschi, foglie di fico, olio di lino crudo.

Ma è tutto vero quello che sento, quello che ricordo?

Il ricordo è un operaio pettoruto e instancabile, scava terra a palate per arrivare alla vena di chissà quali ragioni, ingollando sorsate allucinogene da una borraccia di pura nostalgia.

Bruna Graziani

2 commenti su “La borraccia”

  1. Grazie maestra, è stupendo quello che scrivi e come lo scrivi. Il primo giorno di primavera che io ricordo con tenerezza è quello del 1967, quando, dopo aver ospitato in collegio i bambini delle famiglie alluvionate, il mio mitico Maestro Gualtiero Gualtieri ci portava a vedere la fioritura degli alberi circostanti, spiegandoci e descrivendoci nei minimi particolari il miracolo che la natura compiva puntuale in questo periodo dell’anno. Un uomo che ha lasciato in me il piacere delle sensazioni, delle emozioni e della curiosità. Grazie a persone umilmente grandi come queste, la Scuola vive. Grazie ancora, maestra.

    Rispondi

Lascia un commento