Non mettetemi dentro pasticci allappanti tipo latte, panna, aromi artificiali ai composti di etile o quintali di zucchero. PUAH!
Procuratevi un blocchetto di criollo di Oaxaca. Fatevi un giro in Messico, infilatevi in una chocolatería e ve lo concheranno al momento: una cascata calda e cremosa, aromi da svenire.
Mi piace stare a bagnomaria: una pentola dentro l’altra, acqua alla soglia dell’ebollizione di fuori.
Che mi arrivi un calor bianco, ma diffuso, non che bruci solo e sempre nel medesimo punto. Un fuoco di velluto, avvolgente e graduale. Questo fa per me: sono lenta.
Aggiungetemi poi del burro fresco, di ottima qualità. Sì, lo so che fa mettere su peso, ma o si trasgredisce bene o è meglio stare sul dolcino anemico e moralista. Dunque, tagliatelo a pezzi e mettetelo ad accarezzare il cioccolato fuso che lo scioglierà al solo contatto. Attenti a non scottarlo, o il risultato perderà in raffinatezza. Mescolate lentamente e in modo continuo, finché i due si compenetrino. Non distraetevi, l’amore vive di attenzione.
Una volta ottenuta l’amalgama liscia e profumata… SORPRESA! Adesso ci vuole un peperoncino, possibilmente fresco. Sì, avete capito bene: un peperoncino rosso piccante. Per questo e per altri incantesimi lo coltivo ogni estate nella mia terrazza. È l’allegria e l’imprevedibilità. Incidetelo per il lungo e tuffatelo nel composto.
Continuate facendo cadere a pioggia dello zucchero a velo che non sia vanillinato: niente roba finta in me. Poco e ben setacciato, polvere di fata. Occhio alle dosi: troppe carezze abitudinarie ammazzano qualsiasi sapore trasgressivo o inconsueto.
Adesso le uova: separate con cura i tuorli dagli albumi. È necessario distinguere: l’arancione dà sapore, il bianco levità.
Aggiungete fuori dal fuoco all’impasto un tuorlo alla volta, mantenendolo nel calore dell’acqua. Fate assorbire il tuorlo precedente prima di aggiungere io successivo. Non siate frettolosi, non siate grossolani: rovinereste tutto.
È giunto il momento di togliere il peperoncino, che avrà già rilasciato tutto il suo aroma.
E ora le spezie. Di tanti tipi, ma a dosi omeopatiche: una raspatura di noce moscata, una punta di cannella, un chiodo di garofano frantumato sottilmente, un pezzetto di bacca di vaniglia con i suoi semini, un baccello di cardamomo. Poco di tutto, ma tutto. Niente prepotenze. Sfumature.
Lasciate riposare al tiepido.
Intanto montate gli albumi a neve fermissima, con un pizzico di sale. Anche nei dolci ci vuole il sale. Altrimenti si sente una mancanza indefinita di un sapore necessario. Non stancatevi e non spazientitevi: la leggerezza richiede un lavoro indefesso e un minimo di dolori muscolari. La “neve” ha da essere solidissima: una forchetta infilata dentro deve restarci in piedi.
Unite quindi gli albumi al composto di cioccolato, delicatamente…ente…ente…ente. Mescolate dal basso verso l’alto, con un movimento lento e circolare, senza smontarli o il dolce, privo di respiro, resterà piatto, basso e senza fascino.
Nel frattempo avrete già acceso il forno al massimo: non bisogna scottare la torta durante la cottura.
Userete uno stampo rotondo, a cerniera apribile, per non imprigionarlo: rovesciandolo, potrebbe rompersi.
Imburratelo, infarinatelo, versateci con riguardo l’amalgama.
30/40 minuti di cottura, non di più. Il fondente crescerà alto per poi abbassarsi. Non vi preoccupate, è così che deve reagire. E non esagerate col forno. Se cotta a puntino, formerò una crosticina friabile che conterrà un cuore cremoso.
Impiattate le fette (che separerete con una spatola e non col coltello) insieme ad una cucchiaiata di ottimo gelato al fiordilatte – freddo e caldo altaleneranno nella percezione fra le labbra e la lingua – completando con una spolverata di pistacchi tritati e un petalo di rosa rossa.
ECCOMI.